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Semi di una nuova economia

Intervista a Maria Florencia Lo Cascio, esperta di economia di comunione.

Descrivici come funziona l’Economia di Comunione

Maria Florencia Lo Cascio: L’Economia di Comunione è un movimento di persone e aziende che sognano un mondo giusto e fraterno, e perciò mettono in comune la propria creatività, talenti e risorse per dare risposte di fraternità al problema della povertà. Imprenditori, lavoratori, consumatori, studiosi, cittadini che vivono la cultura del dare non solo nella loro vita personale, ma anche nell’ambiente di lavoro, e anche a livello aziendale. Di fronte ad ogni situazione, ricordano che la persona e le relazioni sono la cosa più importante, e non il denaro, che è per loro un mezzo e non un fine.

L’EdC fu lanciata da Chiara Lubich durante una visita a San Paolo, in Brasile nel maggio 1991. Davanti alle diseguaglianze di quel Paese rese evidenti dai grattacieli circondati da favelas lanciò una proposta: far nascere aziende, in grado di produrre più ricchezza per averne più da condividere. Lei invitava a creare aziende che vivessero la cultura del dare con coloro che sono nel bisogno, che creassero lavoro anche per loro, fare in modo insomma che non ci sia nessuno nella povertà. Chiara diceva anche di usare parte del profitto per promuovere una nuova cultura, quella della fraternità anche nell’ambito economico. Ha detto: “Senza uomini nuovi non si fa una società nuova!”.
 
In 27 anni, l’Economia di Comunione ha attirato centinaia d’imprenditori che vivono la loro impresa come vocazione e servizio per la società. Tanti studiosi hanno sviluppato teorie economiche, offrendo poi corsi e scuole, anche all’università; più di 400 giovani hanno fatto le loro tesi su EdC. Lavoratori che cercano di creare la comunione negli ambienti di lavoro.


 

Che ruolo hanno i poveri in questo progetto?

Maria Florencia Lo Cascio: I poveri sono i protagonisti, e sono invitati anche loro a vivere la cultura del dare. Tante volte diventano anche loro imprenditori o lavoratori di comunione. Come è il caso di tanti clienti del Banko Kabayan, banca EdC delle Filippine.

Quando le persone non hanno lavori stabili, è difficile che una banca presti soldi a loro. Questa banca invece, ha deciso di collaborare soprattutto con queste persone che erano escluse, e oggi l’85 % dei suoi clienti, in gran parte donne, sono microimprenditori che con il supporto e la formazione della banca hanno cominciato le loro attività produttive e vivono anche loro la cultura del dare.

Un gruppo di donne clienti, col frutto del loro lavoro, ha comprato sandali per 1000 bambini della scuola del loro quartiere che è molto povero, e ora hanno aperto una mensa per bambini che sono in difficoltà. Altre, hanno coinvolto le loro famiglie e alcuni vicini nella produzione di mattoni ecologici fatti con bottiglie per costruire i muri del loro centro e allo stesso tempo, riutilizzare la plastica che da loro non viene riciclata.
 

Credi che in futuro il numero di aziende dell’EdC potrà arrivare ad un numero talmente grande da influenzare l’economia?

Maria Florencia Lo Cascio: È vero che l’Economia di Comunione e altre esperienze con finalità simili, anche se continuano a crescere, possono sembrare ancora piccole se si guarda l’economia e i mercati del mondo.

Ma la rivoluzione del Vangelo non parla di grandi numeri, ma di lievito, di sale. Negli ultimi 20 anni, il mondo parla di più della felicità delle persone, delle relazioni positive anche nel lavoro, della reciprocità. C’è anche più attenzione all’ambiente, ai diritti dei lavoratori e al come le cose sono prodotte.

La terra è più fertile rispetto a prima per piantare nell’economia il seme della fraternità e della cultura del dare, nei lavori, nei supermercati, sui social… I Ragazzi per l’Unità sono esperti in questo, e quando diventeranno dirigenti politici, imprenditori, professionisti, professori, possibilmente continueranno a farlo e magari raccoglieranno la semina, forse vivranno già in un mondo dove non c’è bisogno dell’Economia di Comunione per che ci sarà già fraternità da tutte le parti.

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